Associazione Specializzata di Razza riconosciuta dall'Ente Nazionale della Cinofilia Italiana

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La fisioterapia veterinaria: approccio multimodale alle patologie neuro-osteo-mio-articolari

di Cristina Di Palma, Serena Baraldi e Laura Gerli • Medici Veterinari

di Cristina Di Palma,
Serena Baraldi e Laura Gerli
Medici Veterinari

Finalmente anche nella Medicina Veterinaria che si occupa degli animali da compagnia si sente parlare da qualche anno di fisioterapia, quale complemento terapeutico per il trattamento di patologie neuromuscolari e osteo-mio-articolari.
Il Rhodesian Ridgeback ha una costruzione muscolare di per sé molto protettiva nei confronti delle strutture osteo-articolari; questo rappresenta il pregio ma purtroppo anche il “difetto” di questo cane, che, soprattutto in fase di accrescimento, corre il serio rischio di compromettere gravemente il comparto scheletrico e neurologico, se non ne viene ben gestita la attività ludico-motoria.
Un programma di fisioterapia ben costruito sulle specifiche esigenze del nostro cane (previa accuratissima diagnosi da parte di un Medico Veterinario) può offrire un fondamentale contributo nella risoluzione e/o riduzione dei deficit funzionali che si accompagnano ai diversi problemi medico-chirurgici a carico dell’apparato muscolo scheletrico.

Quando animali giovani (o in fase di accrescimento dai 6/8 mesi ai 18 mesi) oppure adulti (3-4 anni) vengono sottoposti a visita medica per zoppie non ben definite oppure riferite come tali da persone “non addette ai lavori” (ad esempio giudici di esposizioni, handlers o anche proprietari), secondo la mia esperienza il problema va cercato attraverso una approfondita interrogazione anamnestica sul tipo di attività motoria fatta condurre al cane fin dalla giovane età.
Molto spesso infatti il comune denominatore dei nostri crestati amici affetti da lombalgia (situazione assai diffusa), o mialgie di spalla, o ipotrofia muscolare da lieve a moderata di gruppi muscolari importanti (quali il tricipite per l’arto anteriore e il quadricipite per l’arto posteriore), va individuato in un’attività fisica del cane stesso eccessiva, ma soprattutto mal condotta fin dai primi mesi di vita, ciò naturalmente in assenza di malformazioni scheletriche (vertebra di transizione lombare o LTV).
Viene a mio parere troppo spesso assecondata la naturale inclinazione dei rr a salti, corse e gioco troppo irruente, senza la piena consapevolezza delle possibili anche gravi conseguenze a carico dell’apparato scheletrico. Il cane giovane, fino al completamento dello sviluppo muscolo scheletrico, compensa eventuali deficit funzionali sfruttando l’elevata capacità rigenerativa e ripartiva di tessuti (muscoli, legamenti, cartilagini), molto plastici. Tuttavia quando l’animale è adulto presto iniziano i processi degenerativi (artrosi, riempimenti foraminali, fibrosi discale, rimaneggiamenti articolari) quale espressione di alterazione cronica a carico di un distretto accompagnata dall’inevitabile comparsa di sintomi o su base funzionale (per esempio ipotrofia muscolare neurogena su base compressiva in corso di ernia al disco o degenerativa in corso di artrosi foraminale) o su base algica (lombalgia cronica associata a cifosi compensatoria con assetto posturale “gobbo”, che rischia in alcuni casi di sollecitare malamente il carico dinamico sulle articolazioni durante le inevitabili corse, salti, etc.).
In presenza di deficit funzionali legati a problematiche di questo tipo, un buon programma di fisioterapia, eseguito presso professionisti accreditati, può essere un preziosissimo e valido aiuto complementare nel cammino verso la risoluzione del problema o quantomeno per il miglioramento della situazione generale e quindi del benessere dell’animale colpito dalla patologia neuromuscolare. Cerchiamo di capire meglio di che cosa si tratti, lasciando direttamente la parola alle colleghe che la praticano. La fisioterapia è stata definita come “il trattamento di patologie o traumi mediante l’utilizzo di forze di origine naturale come il freddo, il caldo, il massaggio, l’acqua, l’esercizio terapeutico, la luce, l’elettricità e le forze meccaniche” (A.H. Downer, 1978): è infatti quella branca della medicina che fa ricorso a mezzi fisici per fini curativi.
La riabilitazione fisica prevede l’utilizzo di tecniche non invasive che si dividono in strumentali e manuali. Le tecniche manuali includono il massaggio, gli esercizi terapeutici attivi e passivi, la termoterapia e la crioterapia, mentre le tecniche strumentali sono molteplici: quelle più usate in campo veterinario sono la stimolazione elettrica, gli ultrasuoni terapeutici, l’idroterapia, la laserterapia e la magnetoterapia. L’applicazione dei principi e delle tecniche di fisioterapia sugli animali, deriva dalla modifica di protocolli di fisioterapia che sono stati precedentemente studiati e sviluppati nell’uomo.
L’obiettivo è quello di riportare il paziente alle condizioni fisiche ottimali il più precocemente possibile, accorciando i tempi di degenza, facilitando il recupero post-chirurgico, accelerando i processi di guarigione dei tessuti lesionati, prevenendo le complicazioni da disuso, stimolando una corretta funzionalità neuromuscolare e favorendo il raggiungimento ed il mantenimento di una qualità di vita migliore.

Il ruolo del Veterinario Fisioterapista consiste nell’individuare i danni funzionali o le inabilità fisiche che l’animale presenta e nello stabilire gli obiettivi che devono essere raggiunti, attraverso la realizzazione di un piano di trattamento specifico ed individuale, ciò in sinergia col collega che segue la clinica del paziente.
La terapia inizia con attività di bassa intensità e durata, in modo da non affaticare eccessivamente l’animale e per valutare la sua reazione nei confronti di nuovi trattamenti. La risposta del paziente viene monitorata costantemente, per apportare le opportune modifiche al piano di trattamento, che consistono nel graduale aumento dell’intensità, della frequenza e della durata delle terapie, al fine dei raggiungere gli obiettivi stabiliti.
Quando la fisioterapia viene utilizzata nelle prime 48 ore successive ad un intervento chirurgico (per patologie neuroosteo o mio-articolari), si può ottenere una riduzione del dolore, aumento della mobilità ed una diminuzione dell’infiammazione, che favoriranno un più rapido ritorno alla funzione normale. Se vengono applicati in modo appropriato, questi trattamenti producono benefici sia immediati che a lungo termine.

La fisioterapia viene molto usata, nella medicina umana, per alleviare il dolore e per accelerare la guarigione. E’ stato dimostrato infatti che lunghi periodi di immobilizzazione possono esitare in una grave atrofia muscolare e nella contrattura fibrosa dell’arto interessato: l’immobilizzazione è inoltre dannosa anche per la salute della cartilagine, dei legamenti e dell’osso. La riduzione del range of motion, cioè dell’angolo di movimento articolare, avviene dopo un certo periodo di immobilizzazione dell’articolazione e sono necessarie dalle 8 alle 12 settimane di riabilitazione per ottenere un miglioramento.
Le medesime problematiche si verificano anche negli animali, dove Medici Veterinari solitamente utilizzano mezzi e tecniche di immobilizzazione nella fase di recupero post-chirurgico; per questo è importante l’utilizzo della fisioterapia anche in Veterinaria subito dopo aver sottoposto l’animale ad un corretto intervento chirurgico.

La rieducazione fisioterapica dunque complessivamente mira a:

– alleviare il dolore
– promuovere un più rapido assorbimento dell’edema
– stimolare la circolazione sanguigna e linfatica
– fitness cardiovascolare
– rilassare i muscoli
– migliorare il trofismo muscolare
– mantenere un adeguato tono muscolare e limitare l’atrofia da disuso
– prevenire le alterazioni legate ad un’ eccessiva immobilizzazione
– raggiungere un completo ROM (range of motion)

La fisioterapia, questo è molto importante, deve essere eseguita esclusivamente da professionisti qualificati che hanno alla base una conoscenza specifica dei pazienti e delle terapie, con un equipaggiamento specializzato e spesso è anche necessaria la collaborazione attiva del proprietario. Il piano fisioterapico va scelto in base alla modalità più semplice attuabile (a volte è più che sufficiente una passeggiata a guinzaglio corto eseguita secondo modalità e tempistiche prefissate); essa va basata su protocolli facilmente applicabili e bisogna monitorarne i risultati frequentemente ed essere disposti a modificare il protocollo terapeutico scelto e, nel caso in cui esso non porti ad alcun risultato, è necessario interrompere ed intraprendere altre metodiche terapeutiche, anche non fisioterapiche. La fisioterapia quindi non deve essere vista come una terapia alternativa, ma deve essere associata come elemento complementare ai normali trattamenti veterinari per una corretta “buona pratica veterinaria”.
Attraverso lo studio dei risultati ottenuti con la fisioterapia umana, si sono immaginati dei possibili utilizzi veterinari di terapie quali ad esempio: il lavoro in piscina (non serve essere dei retrievers per amare l’acqua! A tutti i cani generalmente piace nuotare…), il laser e la tecarterapia.

Qualche anno fa fece un certo scalpore la presentazione di un “tapis roulant” per cani, lanciato negli Stati Uniti, per garantire il moto ai cani che non potevano correre all’aperto. Oggi quello stesso tappeto mobile, riveduto e corretto, è considerato un ottimo mezzo di rieducazione neuromuscolare e un eccellente esercizio di fitness cardiovascolare per i cani atleti. Attraverso l’uso del treadmill (questo è il suo nome) infatti è possibile ottenere un aumento delle masse muscolari, della resistenza all’esercizio, dell’escursione articolare. Si tratta in buona sostanza di un tappeto che scorre a velocità costante (regolabile a seconda delle esigenze del paziente): il dover camminare su un tappeto che si muove ad una certa velocità incoraggia l’animale a caricare su tutti e quattro gli arti, per avere maggiore stabilità, determinando così un aumento della coordinazione e dell’equilibrio, oltre ad aumentare la flessione e l’estensione di alcune articolazioni che, durante una camminata normale, non verrebbero stimolate.
Accanto al treadmill tradizionale, la Medicina Veterinaria ha studiato anche una sua versione acquatica, che garantisce risultati migliori. Si chiama “underwater treadmill” e permette al fisioterapista di far camminare il paziente parzialmente immerso in un volume di acqua variabile. L’acqua, filtrata e igienizzata, ha una temperatura di 26 -27 gradi e il suo livello nella vasca del “underwater treadmill” è variato a seconda delle problematiche dei diversi pazienti e dei risultati che si vogliono ottenere.
Questo stratagemma è molto utile per migliorare la “propriocezione”del paziente, ovvero la capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio e lo stato di contrazione dei propri muscoli; per correggere l’andatura del cane; per aumentare la coordinazione ed il bilanciamento del paziente senza affaticarne eccessivamente le articolazioni.

La presenza dell’acqua associata alla camminata sul tapis roulant determina un maggior utilizzo muscolare sfruttando la resistenza dell’acqua e un moderato affaticamento articolare in quanto il peso che l’animale deve sostenere viene ridotto dal galleggiamento; il treadmill in acqua è quindi, un modo eccellente per permettere a un animale con dolori articolari di camminare meglio. Mediante la regolazione del livello dell’acqua si può modificare la capacità di rimanere a galla dell’animale determinando uno sforzo fisico maggiore, se il livello dell’acqua è più basso, o minore, se il livello è più alto, poiché il paziente dovrà sostenere più o meno il peso del proprio corpo. Il semplice galleggiamento, inoltre, permette all’animale, che fosse costretto al decubito per incapacità deambulatorie, di restare in stazione anche se assistito e di mantenere una corretta posizione traendone beneficio sia fisico che psicologico.
L’underwater treadmill si rivela dunque un prezioso ausilio nella cura di varie patologie,ma può essere anche un valido strumento a fini preventivi. Nei cuccioloni di cani di taglia grande o gigante ad esempio è ottimo per aumentare la massa muscolare, senza gli effetti negativi (traumatismi) che corse o salti possono provocare in queste razze.
La camminata in acqua inoltre è utile nella cura (ma anche nella prevenzione) della displasia. A causa del dolore infatti spesso i cani affetti da questa patologia si rifiutano di camminare: grazie al galleggiamento offerto dall’acqua, il dolore viene alleviato e l’animale riprende il movimento corretto delle articolazioni, che era stato perso durante l’inattività.

Un ulteriore utilizzo di questa tecnica concerne le cure riabilitative di animali affetti da patologie neurologiche o muscolo scheletriche che arrivano ad impedire quasi del tutto la deambulazione del paziente colpito. Un esempio classico è l’utilizzo da parte di animali sottoposti ad interventi per la risoluzione di problemi di ernie discali che, a causa del danno neurologico subito, non riescono a sollevarsi sulle zampe: la rieducazione alla camminata assistita in una vasca con acqua più o meno profonda, risulta un valido aiuto per superare questo tipo di disfunzioni locomotorie.
Inoltre questo prezioso strumento ausiliare può anche essere utilizzato per ottenere semplicemente un buon livello di fitness cardiovascolare, al di fuori da ogni ambito patologico, curativo o preventivo.
Queste a grandi linee le caratteristiche specifiche dell’”underwater treadmill” e i suoi possibili utilizzi. Naturalmente terapie, pratiche e strumenti fisioterapici sono molteplici e necessiterebbero ciascuno di ulteriore approfondimento, per illustrare meglio quando siano raccomandabili, come funzionano, con quali tempistiche e con che esiti. Per ovvi motivi di spazio non è possibile qui ampliare ulteriormente la trattazione, tuttavia le Autrici del presente articolo sono a disposizione di chi volesse avere maggiori informazioni in materia.

Il concetto basilare che deve passare è che la salute del nostro animale passa anche da un (corretto) esercizio fisico e che grazie a un nuovo approccio della Medicina Veterinaria in campo fisioterapico, oggi non solo è possibile fare un efficace lavoro preventivo, ma molti problemi che un tempo si consideravano insolubili possono essere affrontati e anche risolti con successo e non necessariamente solo attraverso l’utilizzo di terapie farmacologiche o chirurgiche.

Per maggiori informazioni:

Dr.ssa Cristina Di Palma